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De André alla Bussola nel 1975 |
- Dopo la prima parte dell'articolo su Fabrizio De André, dove abbiamo raccontato la sua infanzia e suoi primi passi nel mondo della musica, oggi esploreremo quello che probabilmente è il periodo più brillante di una delle voci più iconiche della musica italiana.
Nel 64 debutta una delle sue opere più celebri: La canzone di Marinella. Dietro la poetica canzone che ha reso famoso Fabrizio De André purtroppo si nasconde una storia vera, infatti la canzone è ispirata ad un episodio di cronaca nera dell'epoca. Sempre nel 64 Fabrizio pubblica La guerra di Piero, uno dei brani più iconici della discografia del genovese. La denuncia in perfetto stile De André questa volta è rivolta alle atrocità della guerra e al dolore che essa porta. L’anno successivo De André scrive Stringendomi le mani per Giuliana Milan. Dopo un anno escono i due singoli: La canzone dell’amore perduto con La ballata dell’amore cieco sul lato B; la prima è ispirata alla sua, ormai in fin di vita, storia d'amore con Punny, la seconda invece è ispirata alla poesia Cuore di mamma del poeta francese Jean Richepin. Lo stesso anno altri due dei suoi più grandi successi: Amore che vieni, amore che vai e Geordie (quest'ultimo sul lato B). Il primo è uno stupendo e veritiero brano sulla mutevolezza e la stranezza dell'amore, mentre il secondo è una italianizzazione ad opera d'arte della classica ballata inglese.
Tutti i più grandi successi di Faber vengono raccolti nel suo primo 33 giri: Tutto Fabrizio De André (ristampato due anni dopo, con il titolo di La canzone di Marinella, sotto un'altra etichetta e con una diversa copertina), che vede la luce a fine 1966. Segue Vol. 1º, considerato, non a torto, come il suo primo vero album. Contiene due dei più grandi successi, il primo è Bocca di rosa, la canzone narra di una forestiera che giunge al paesino di Sant'Ilario e ne sconvolge la vita tramite i suoi "furti d'amore". Mentre il secondo è Via del Campo, brano che parla di una prostituta appunto di Via del Campo, noto caruggio del centro storico di Genova; ma il motivo nasconde un significato molto più profondo: nel testo viene evidenziata la purezza di questa donna, quasi a far notare come questo genere di persone, considerate scarti della società, siano in realtà le persone più pure, proprio per via della loro lontananza dall'élite della nostra ipocrita e corrotta società. A fine anni Sessanta esce Tutti Morimmo a stento che è conosciuto per il poetico brano Cantico dei drogati, ispirato alla poesia Eroina di Riccardo Mannerini. La canzone è commovente, racconta la paura dell'ignoto e la paura di chiedere aiuto. Però forse Faber con questo brano voleva semplicemente dire che se la droga è una consolazione, la realtà è una condanna a rimanere per sempre intrappolati nel nostro mondo crudele. Negli stessi anni vengono pubblicati: Volume 3° che è un mix di canzoni già pubblicate, traduzioni di due celebri canzoni di Georges Brassens (Il gorilla e Nell'acqua della chiara fontana) e due brani francesi riadattati e Nuvole barocche, che è la raccolta dei 45 giri non inclusi in Tutto Fabrizio De André.
Nel 1970 Fabrizio incide quella che secondo lui è la sua migliore creazione: La Buona novella. Lo stesso Faber risponderà cosi ad un giornalista:
«Te la sentiresti di dire quale dei tuoi dischi è il migliore?» «Senza dubbio ti rispondo: La buona novella, è quello più ben scritto, e meglio riuscito».
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Copertina dell'album La buona novella |
L'album noto soprattutto per il brano Il testamento di Tito è una magistrale reinterpretazione del Vangelo, o magari solamente il modo corretto di leggerlo...
Lo stesso anno Fabrizio pubblica quella che negli anni e tutt'oggi è una delle sue canzoni più celebri e importanti: Il pescatore. La canzone narra di un anziano pescatore che incontra un assassino in difficoltà e lo aiuta senza esitare. Il brano è una perla di saggezza; con la sua semplicità e le sue melodiche note riesce a trasmetterci un messaggio potentissimo: non importa chi sia la persona che abbiamo davanti, da dove venga o cosa abbia fatto, tutti meritano aiuto quando si trovano in difficoltà, perché in fondo siamo tutti esseri umani.
Nel 71 esce l'album Non al denaro, non all'amore né al cielo, la raccolta fa riflettere su tematiche come l'invidia, l'amore, l'ambizione, la giustizia e la morte, difatti il titolo è riferito all'aver dedicato l'album non al denaro, non all'amore né al cielo (cielo inteso come figura religiosa) ma all'uomo e alle sue debolezze. L’anno successivo la Produttori Associati senza consultarlo minimamente lo iscrive al Festivalbar con la canzone Un chimico (una delle più belle mai scritte a mio parere), che diventerà uno dei suoi più grandi successi. Il genovese dichiarerà: «La casa discografica mi ha trattato come un ortaggio», alla fine si raggiungerà un accordo, la canzone verrà trasmessa all’arena di Verona, ma Faber non si esibirà.
Poi nel 1974 pubblica l’album Storia di un impiegato, un altro capolavoro dell'autore anarchista. L'album è una raccolta a tema fortemente politico, a renderlo meraviglioso è la critica alla borghesia conservatrice ma ancor di più è la particolare e controversa critica al ruolo dell'individuo nelle rivolte del '68. Quest'ultimo album riceverà innumerevoli critiche per via del tema; soprattutto dall'estrema sinistra per via del suo "l'attacco" alla classe media:
«Storia di un impiegato è un disco tremendo: il tentativo, clamorosamente fallito, di dare un contenuto "politico" a un impianto musicale, culturale e linguistico assolutamente tradizionale, privo di qualunque sforzo di rinnovamento e di qualunque ripensamento autocritico: la canzone Il bombarolo è un esempio magistrale di insipienza culturale e politica». Così scriveva Luigi Manconi, noto con lo pseudonimo di Simone Dessì (politico, sociologo e critico musicale), membro di Lotta continua e senatore della repubblica.
Gli faceva eco Enrico Deregibus, giornalista, scrittore e direttore artistico italiano, affermando: «L'album è sempre stato considerato, anche dal suo autore, come uno dei più confusi. La vena anarchica di De André deve fondersi con quella marxista di Bentivoglio, e spesso i punti di sutura e di contraddizione sono fin troppo evidenti. Non a caso è l'ultimo episodio della collaborazione tra i due».
Fiorella Gentile, giornalista conduttrice e scrittrice, aggiunge: «La musica presta il nome a qualcosa che a tratti sembra la colonna sonora di un film sulla mafia (con il sintetizzatore al posto dello scacciapensieri), a volte quella di un thriller alla Dario Argento (con il basso che riproduce il battito cardiaco), altre recupera i toni alla Cohen e alla Guccini: ma rimane un prodotto scucito, che non ha più il vecchio incanto».
L'osservazione di quest'ultima trova conferma indiretta nel fatto che Nicola Piovani, autore delle musiche dell'album, componeva già all'epoca colonne sonore, successivamente è addirittura diventato uno dei maggiori autori italiani di musiche da film, culminando nella vittoria del Premio Oscar nel 1999, per il celeberrimo film La vita è bella di Roberto Benigni.
Nonostante le critiche anche da parte degli ascoltatori, alcuni dei brani come: Verranno a chiederti del nostro amore, La canzone del maggio, Nella mia ora di libertà, e Il bombarolo, rimarranno nella storia di Faber e nella storia della musica italiana. La critica inizierà ad apprezzare questo album soltanto negli anni 90: alcuni lo definiranno addirittura come la migliore raccolta di sempre del cantautore genovese, e a livello delle tematiche mi trovano totalmente d'accordo.
Lo stesso anno De André oltre a dover ascoltare la stampa e il pubblico criticare il suo album, dovrà anche affrontare il divorzio. Ma fortuna vuole che, mentre Fabrizio sta registrando il suo album intitolato Canzoni - che però contiene solo tre nuovi brani che in realtà sono traduzioni più altre nove tracce già pubblicate precedentemente su 45 giri - incontra Dori Ghezzi che sta registrando il suo primo disco da solista proprio nello studio accanto. Questo incontro dà vita ad un lungo e duraturo rapporto, che il 7 Dicembre dell'89 sfocia in matrimonio.
Negli stessi anni l'impresario Sergio Bernardini convince De André a inscenare i suoi primi eventi dal vivo, notevole impresa date le precedenti affermazioni del cantante, che aveva dichiarato di vivere gli spettacoli dal vivo con un timore oscuro. Così Faber si esibisce dal vivo per la prima vota al locale la Bussola (di proprietà di Bernardini) a Marina di Pietrasanta in Toscana.
Dopo questa serata, inizia il suo primo tour, che però è condiviso con due membri dei New Trolls, con cui aveva già collaborato nel 68 per il loro disco Senza orario senza bandiera, e due membri del gruppo Nuova idea.
Il successo fu tale da portare Fabrizio ad esibirsi addirittura ad una manifestazione del Partito Radicale prima di un discorso del leader Marco Pannella. Anche qui le critiche non furono poche anche se fini a se stesse, soprattutto da parte della sinistra extraparlamentare, che dopo i suoi primi concerti attacca nuovamente De André nel "Libro bianco sul pop in Italia. Cronaca di una colonizzazione musicale in un paese mediterraneo", scrivendo: «Dall'aria triste e meditabonda, Fabrizio De André ha svolto negli anni passati il ruolo di cantautore impegnato ma non troppo, denunciando situazioni in cui difficilmente si è trovato se non a livello emotivo. Borghese di nascita, di adozione e di intenti, rifiutava di esibirsi in pubblico fino a quando le vendite dei suoi dischi hanno subito un tracollo: allora si è esibito alla Bussola prima di confrontarsi con tutti coloro che avevano sprecato tempo ad ascoltar le sue lagne. Le migliori esibizioni dei suoi pezzi si ascoltano sulle spiagge e sui monti, quando un chitarrista che conosce due accordi vuol consolare l'amico di una sbronza finita male».
Negli stessi anni Faber inizia anche a tradurre e suonare canzoni di artisti stranieri, tra i quali spiccano i nomi di Bob Dylan e Georges Brassens. Di quest'ultimo aveva già tradotto alcuni brani in precedenza.
Lo stesso anno della prima esibizione a La Bussola l'anarchico cantautore collabora con Francesco De Gregori per la scrittura dell'album Volume VIII, i cui principali brani sono: La cattiva strada, una profonda riflessione anticonformistica su chi non vuole seguire la società, e Amico fragile, una personale confessione sulla sua difficoltà a rapportarsi con il mondo dello spettacolo e con se stesso. Anche questo non fu un album particolarmente apprezzato dalla stampa, principalmente per via delle sue tematiche, tra le quali soprattutto il disagio verso il mondo borghese.
Anni dopo De Gregori dichiarerà:
«Me lo presentò mio fratello e il primo incontro fu molto bello perché De André aveva già sentito le mie canzoni, e gli erano piaciute molto, per cui mi considerava uno molto bravo e mi sentii incoraggiato; questo successe all'epoca di "Theorius Campus", però non facemmo discorsi di collaborazione, io gli spiegai un po' la mia situazione, che non avevo avuto successo con quel disco, che mi sentivo fuori posto alla IT, e allora lui disse: "ti prendo io con me, vieni a Milano, ti produco io". Andò da Micocci per chiedere quanto voleva per lasciarmi libero, ma non si misero d’accordo, credo che Micocci abbia chiesto una cifra assurda. Poi ci siamo sempre visti abbastanza raramente, però in maniera bella. È molto strano perché io non riesco a scrivere canzoni insieme a un altro, però con lui ci sono riuscito; succedeva che io scrivevo mezza canzone, poi andavo a mangiare e lui rimaneva lì perché non aveva fame e poi lo trovavo che l'aveva finita, allora andava a mangiare lui, io ci mettevo la musica, poi tornava e la correggeva; poi succedeva che buttavamo via tutto e ne ricominciavamo un'altra.»
Così si conclude la seconda parte del nostro viaggio attraverso la vita di De André, ma abbiamo ancora molto da narrare su Faber e sulle sue avventure; lo racconteremo nel prossimo episodio.
Davide Paris
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