A perfect day

Un film che in ogni immagine ci ricorda che la guerra i problemi li crea e non li risolve.

La pellicola, del registra spagnolo Fernando Leon de Aranoa, uscita nelle sale cinematografiche nel 2015 Γ¨ ambientata in Bosnia, sui Balcani nel 1995, quando gli effetti della guerra civile nei territori della ex Jugoslavia non erano ancora finiti nonostante i negoziati di pace fossero a buon punto. 

È necessario fare un passo indietro nell’assetto geopolitico della zona per capire di cosa parli il film e apprezzarlo come merita.

I Balcani sono stati storicamente un territorio dove numerose popolazioni sono riuscite a convivere piΓΉ o meno pacificamente, nel corso dei secoli: sloveni, croati, bosniaci, serbi, macedoni, albanesi, kossovari, montenegrini, musulmani, cristiani cattolici e ortodossi.
Lo Stato unitario di Jugoslavia nasce nel 1918 con il nome di Regno dei Serbi, Croati e Sloveni.
Diventa Regno di Jugoslavia nel 1929 e si trasforma in una Repubblica Federale nel 1945, dopo la liberazione dal nazi-fascismo avvenuta sotto la guida del generale Tito che diventa presidente della Federazione di cui facevano parte le Repubbliche di Serbia, Montenegro, Slovenia, Bosnia-Erzegovina, Croazia e Macedonia. Formavano un unico Stato dove perΓ² le lingue parlate erano tante: lo sloveno, il macedone, l’albanese e l’ungherese. 
Tito riuscΓ¬ a mantenere fino alla sua morte, avvenuta nel 1980, l’instabile equilibrio dal punto di vista etnico, politico, religioso e culturale della Federazione che poi crollΓ².

Era uno Stato, non una Nazione. La presenza di una molteplicitΓ  di etnie, religioni e fazioni politiche furono tra le principali cause che portarono alla crisi jugoslava degli anni '90, la piΓΉ importante e sanguinosa guerra nel vecchio continente dalla fine della seconda guerra mondiale. A proposito di etnia, molti studiosi hanno sottolineato il carattere arbitrario e costruito delle appartenenze etniche, evidenziando i fenomeni politici che sono alla base della nascita dei gruppi etnici che, pur essendo privi di sostanza, oggi noi percepiamo come aggregati sociali omogenei i cui membri condividono una cultura, una storia, una lingua, un territorio, una religione ecc…

Spostandoci nel tempo, poco dopo la morte di Tito, i singoli Stati all’interno della Federazione cominciarono a chiedere una maggiore indipendenza dal potere centrale della capitale serba Belgrado.
Slovenia e Macedonia divennero pacificamente indipendenti mentre una feroce guerra civile contrassegnΓ², dal 1992, Croazia e Bosnia, dove l’estremo frazionamento etnico e religioso portΓ² ad un conflitto sanguinoso con la morte di migliaia di persone, in specie civili, donne e bambini. Soltanto nel dicembre del 1995 venne raggiunta una fragile pace, garantita dalla massiccia presenza di truppe UN in territorio bosniaco. 

Proprio in quel luogo ed in quel momento storico Γ¨ ambientato il film di cui voglio parlare.
I protagonisti, Mambru e B, veterani del soccorso umanitario che percorrono da anni le strade sterrate della Bosnia, sui loro 4 ruote gemelle, sanno bene che, anche se gli accordi di pace dovrebbero significare la fine della guerra, in quelle terre c’Γ¨ ancora molto da fare. Il regista spagnolo, in questa pellicola realistica, racconta della capacitΓ  degli uomini di "aggrovigliare" tragicamente il loro destino giΓ  di per sΓ© molto confuso perΓ² in chiave ironica e divertente.

Ideali umanitari e umane debolezze dei protagonisti si scontrano con la dura realtΓ  della guerra civile nel tentativo di fornire aiuto a una piccola comunitΓ  locale togliendo un cadavere da un pozzo che rende l’acqua non piΓΉ potabile. Un’operazione di normale amministrazione che si complica al punto di diventare un’operazione impossibile perchΓ© la guerra cambia la realtΓ  e fa venire a galla la sua assurditΓ  che sovverte la quotidianitΓ  degli esseri umani e complica anche le piccole cose, come trovare una corda.
A mio parere il dramma della guerra Γ¨ raccontato meglio in questo film piuttosto che in altri che diffondono immagini dal fronte violente e sanguinose. Quello che mi Γ¨ piaciuto di piΓΉ non riguarda solo il cast internazionale o la trama, ma il pregio di mettere in evidenza tutti gli aspetti secondari della guerra. Non parla delle vicende degli eroi, dei soldati che combattono ma di chi resta, di chi ha perso tutto, dove una corda e un pallone possono diventare beni preziosissimi per i quali si puΓ² anche rischiare la vita e dove una mucca che pascola puΓ² addirittura salvarcela perchΓ© sa evitare le mine abbandonate sul terreno.  Γˆ una storia fatta di regole insulse, complicazioni irrazionali, protocolli da seguire, contraddizioni burocratiche e militari che ignorano le forze internazionali di pace, cosΓ¬ che il cadavere deve restare dove sta, anche se la gente non ha acqua da bere, anche se deve comprarla al mercato nero, arricchendo quegli stessi che probabilmente hanno avvelenato il pozzo gettandovi il cadavere.
Il finale mi Γ¨ piaciuto molto. I nostri protagonisti non possono rimuovere il cadavere, anche se finalmente hanno trovato una corda, perchΓ© i civili hanno paura delle rappresaglie di quelli che nell’acqua lo hanno buttato e anche perchΓ© i caschi blu hanno ricevuto l’ordine di non rimuoverlo e un ordine va rispettato.
Ma ci pensa la pioggia a far tornare a galla il morto, cosΓ¬ che la popolazione assetata puΓ² aiutarsi da sola e “una giornata che poteva essere un disastro si trasforma in una giornata perfetta”.

Secondo me Γ¨ un film che andrebbe visto in questa epoca turbolenta di crisi e tensioni mondiali in cui viviamo, per  tenere bene a mente quel che puΓ² succedere alla nostra democrazia se non ne abbiamo cura.

Diego Meschiari

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