Libertà di stampa e oggettività dell'informazione

La nascita del concetto di libertà di stampa si fa risalire all’invenzione della stampa a caratteri mobili, avvenuta nel 1453 grazie a Gutenberg. Contemporaneamente a questa invenzione nascevano anche i mezzi di controllo e repressione da parte delle autorità pubbliche che facevano di tutto perché il sapere non si diffondesse.

La Chiesa, in testa, cominciò a introdurre la censura preventiva da parte degli ordini religiosi.

Però la rivendicazione della libertà di stampa ed espressione è avvenuta solo con la nascita della civiltà liberale e illuministica, contrapposta a quella dell’Ancien Régime. In quel periodo l’autorità statale interveniva per autorizzare o reprimere qualsiasi manifestazione di pensiero.

La svolta ci fu con la rivoluzione francese e questo principio venne racchiuso nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 così come già nella Costituzione degli  Stati Uniti d'America.

In Italia la prima disposizione dedicata alla libertà di stampa fu all’interno dello Statuto albertino del 1848: "la stampa sarà libera ma una legge ne reprime gli abusi" recitava l’articolo e ciò permise ai vari governi che si succedettero di interpretare la parola abuso con ampia discrezionalità, senza contare poi che bibbie, catechismi e libri liturgici avevano sempre bisogno del preventivo parere del vescovo.

Nel XX secolo il principio subì una regressione con l'avvento dei regimi totalitari che applicarono una forte censura sui mezzi di informazione.

Dopo la seconda G.M., l'ONU riconobbe questo principio all’interno della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino e successivamente tutte le Costituzioni rigide si impegnarono a introdurlo nel proprio ordinamento, liberandolo da vincoli di natura governativa.

In Italia è costituzionalmente riconosciuto e tutelato ma ci sono ancora Governi di paesi che filtrano ancora oggi l'informazione, lasciando solo ciò che sembra conforme alla propria ideologia.

Attualmente in Italia c'è molta libera informazione e questo rende la nostra attenzione più debole e facilmente influenzabile.

A volte non sappiamo, di fronte alla divulgazione di una notizia, se credere o non credere, se si tratta di verità o di fake news, perché succede spesso che una testata giornalistica esponga un fatto come una realtà e un altro giornale diffonda la stessa notizia ma presentandola come una realtà diversa. Non ci resta che consultare diverse fonti se vogliamo avere una visione più ampia e veritiera sui fatti descritti.

Alla base di una società democratica c'è la libertà di stampa perché rappresenta la garanzia di poter esercitare il proprio diritto di scelta. Non a caso laddove ci sono guerre, governi autoritari o dittatoriali, uno degli elementi che per primo viene a mancare è la libera circolazione delle informazioni.

Nella democrazia del nostro paese, l'ingerenza della politica nell'informazione è ancora un problema centrale. Ma chi è stufo di leggere notizie raccontate in modo parziale e vuole avere un quadro completo su argomenti che gli interessano oppure qualcosa non gli torna negli articoli di alcune testate giornalistiche non deve far altro che consultare altre fonti perché siamo in un paese libero.
Siamo consapevoli che il linguaggio giornalistico non è mai del tutto neutro.

Noi vorremmo che articoli di carattere informativo avessero una presentazione oggettiva delle informazioni, priva di opinioni e simpatie personali, vorremmo che in caso di interviste o citazioni il giornalista facesse emergere diversi punti di vista per mantenere il più possibile l'oggettività dell'informazione.
Vorremmo che fosse garantito l'equilibrio delle diverse rappresentazioni dello stesso evento nel medesimo articolo perché la verità non dovrebbe avere due facce mentre chi legge si trova di fronte a un linguaggio che spesso riesce a offuscare o manipolare l’oggettività a tutti i livelli del testo: dalla struttura generale alla scelta delle parole.
In effetti l'oggettività di un giornalista varia abbastanza a seconda del profilo ideologico del quotidiano per cui scrive.


Per questo studio sono stati selezionati tre dei principali quotidiani italiani, ognuno con un'impronta ideologica diversa: l'Unità, di sinistra; Il Corriere della Sera, liberale e il Giornale, di destra. Si è partiti da un'analisi dei titoli dei tre giornali per introdurre lo stesso fatto: ognuno di loro trasmetteva proprio nel titolo l’informazione ritenuta soggettivamente la più importante.
L'affinità ideologica veniva poi espressa, oltre che nel titolo, attraverso vari accorgimenti linguistici, parole, punteggiatura ecc.
La teoria dello studioso Norman Fairclough partiva da un'analisi critica che metteva in evidenza la presenza di diversi discorsi ideologici all’interno di quell'unico discorso giornalistico che prendeva in esame lo stesso evento: un discorso ideologico di sinistra, uno liberale e uno di destra che presentavano la loro immagine della realtà all'interno del discorso giornalistico in generale.
Ma cosa intendeva lo studioso per discorso ideologico? Intendeva un discorso che esponeva un fatto dal punto di vista ideale-culturale di un determinato orientamento sociale, economico, politico.
So che esistono diversi siti di informazione indipendenti in grado di darci notizie imparziali e veritiere come ad esempio Il Post, The Atlantic o Internazionale che hanno il merito di non essere affiliati con partiti politici o interessi economici e pubblicano notizie in modo veritiero fornendo sugli eventi un punto di vista globale.
Mi spiace osservare però che spesso e volentieri la libertà di stampa, che è stata una conquista lunga e faticosa, la diamo per scontata e ci lamentiamo per la troppa informazione.

Diego Meschiari

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