Dopo 22 anni cosa Γ¨ rimasta del G8 (seconda parte)

 VenerdΓ¬ 20 Luglio

VenerdΓ¬ Γ¨ stato caratterizzato da manifestazioni dei diversi gruppi, ognuna in una piazza della zona gialla. Dichiarate come pacifiche, alcune piazze furono teatro di scontri, provocati e non. In piazza Paolo Da Novi i COBAS avrebbero tenuto i loro banchetti, ma i Black Bloc iniziarono a distruggere la piazza, mentre i poliziotti lΓ¬ vicino non intervenivano. Quando la polizia attaccΓ² frontalmente i Black Bloc, questi sguizzarono via in un lampo per poi rincontrarsi molto piΓΉ in lΓ , rendendo vane le azioni di polizia. Intanto le tute bianche si prepararono per fare la disobbedienza civile che avevano spiegato ai giornalisti nei mesi precedenti. Un'azione dimostrativa accordata con il comando di polizia per arrivare al confine della zona rossa e rivendicare la libertΓ  di manifestare il dissenso.

Il commissario di polizia che guidΓ² il CCIR, un reparto speciale dei carabinieri nato dopo Seattle, doveva raggiungere e fermare i Black Bloc giunti intanto a Marassi. Il commissario non era di Genova e non riuscΓ¬ a trovare il quartiere. Si ritrovΓ² davanti alle 20.000 persone della manifestazione in via Tolemaide. Decise di attaccare frontalmente il corteo respingendo una massa di giovani in una strada senza vie d'uscita. I carabinieri utilizzarono i CS, un lacrimogeno estremamente potente e vietato in guerra, inoltre attaccarono i manifestanti con i tonfa, manganelli con anima in ferro. Le tute bianche indietreggiarono ma 20.000 persone in una via a forma di imbuto sono tante; infatti si incastrarono e pressati, attaccati e spinti, alla fine reagirono. In una seconda ondata repressiva, i poliziotti entrarono in azione con mezzi corazzati pestando a sangue chiunque avessero di fronte.

Via Tolemaide durante la disobbedienza civile


Ora arriviamo alla parte piΓΉ tragica del G8, la morte di Carlo Giuliani: in una situazione di ordine pubblico completamente saltata, una camionetta dei carabinieri si fermΓ² in piazza Alimonda, il motore si spense e venne circondata dai manifestanti. I carabinieri presenti pochi metri piΓΉ in lΓ  non intervennero. All'interno della camionetta il giovanissimo carabiniere Mario Placanica possiamo immaginare fosse in stato di panico. I manifestanti si avvicinarono colpendo la camionetta con oggetti che provenivano dall'arredamento urbano. Giuliani tentΓ² di raccogliere un estintore vuoto che era appena stato tirato e che aveva giΓ  spaccato il vetro posteriore della camionetta. Mentre lo raccoglie  Placanica estrae la pistola e la punta. Tutti i manifestanti indietreggiarono, tutti tranne chi non aveva visto la pistola. Giuliani alza l'estintore e si ritrova con un foro di proiettile sotto l'occhio. La scena Γ¨ stata vista da un gruppo di carabinieri affianco che non si mosse per aiutare il collega, lasciandolo estrarre la pistola, sparare a Giuliani e cercare di uscire dalla camionetta completamente da solo. Inoltre il corpo di Giuliani venne investito un paio di volte da un'altra camionetta prima che gli scontri si fermassero del tutto. 

La scena della morte di Giuliani


Carabinieri colleghi di Placanica che non intervengono


Sabato 21 Luglio

Sabato ci fu una manifestazione anche contro l'uccisione di Giuliani, una manifestazione organizzata come di massa: contΓ² circa 300.000 persone, donne, bambini, suore, persone anziane e giovani. Il corteo doveva passare da corso Italia fino ad arrivare a Marassi. I Black Block iniziarono a spaccare vetrine, bruciare camionette e lanciare diversi oggetti contro gli agenti di polizia all'altezza di piazza Rossetti, davanti al corteo che pacifico avanzava. I poliziotti non rincorsero i Black bloc, ma caricarono i manifestanti pacifici. I poliziotti lanciarono lacrimogeni CS contro la folla che cercΓ² in tutti i modi di scappare, quelli davanti si rifugiarono in via Casaregis, quelli in mezzo chiesero aiuto a chi abitava affianco alla manifestazione e infine gli ultimi, le persone bloccate in corso Italia, ricevettero tutta la furia della polizia. Picchiarono vecchi, bambini, disabili e donne, per scappare molti di loro si buttarono sugli scogli dove i poliziotti continuarono a rincorrerli.

Foto di una famiglia rastrellata in corso Italia


Infine ci furono gli assalti alla scuola Diaz, un edificio nel quartiere di Albaro dove il Genoa Social Forum aveva sede. Molti giornalisti e manifestanti pacifici si ritrovavano a dormire in quella scuola, alla fine della difficile giornata di sabato. La polizia attaccò brutalmente le persone dentro al dormitorio che stavano solamente dormendo, ci furono 63 feriti, alcuni gravissimi, molti gravi. La polizia si giustificò sostenendo di aver ricevuto una sassaiola dall'interno dell'edificio, di aver ritrovato due bombolette molotov e un poliziotto dichiarò di esser stato aggredito con un'arma bianca, salvato dal giubbotto antiproiettile. Tutte dichiarazioni che non convinsero la stampa, prima di tutto. Le indagini portarono a smentire tutte le accuse: le molotov erano state trovate in corso Italia e portate nella scuola dopo l'aggressione, il giubbotto fu scalfito dall'agente stesso e la sassaiola non venne confermata da tutti gli agenti del posto, ma solo una parte. Gli arrestati della scuola furono portati nella caserma di Bolzaneto, tenuti diversi giorni. Lì, insieme ai fermati dei giorni precedenti, subirono strazianti pene corporali tra cui ossa rotte, pestaggi e piercing strappati. I fatti della Diaz furono definiti "mattanza messicana" da un ufficiale della polizia, perché ricordava -seppur in piccolo- il fenomeno argentino dei "Desaparecidos".

Foto di poliziotti nella scuola Diaz (dal film "Diaz non pulite questo sangue")


Per quanto riguarda la parte legale, Placanica fu assolto per legittima difesa, molti poliziotti non furono identificati e quindi non subirono un processo. Invece i vertici della polizia finirono in tribunale, ma per la stragrande maggioranza furono rilasciati o condannati solo dopo anni e a pene risibili. L'unica importante sanzione la ricevette l'Italia che non aveva ancora implementato il reato di tortura imposto dall'Unione Europea e che per i fatti della Diaz fu riconosciuta colpevole. L'aggressione a carabinieri e polizia da parte delle tute bianche fu definita in fase processuale "resistenza a una spropositata violenza".

Per concludere questo articolo vorrei lasciare il segno con il mio pensiero: quando chiedo alle persone di parlarmi del G8 ci sono due atteggiamenti. Il primo, tipico di chi non ha vissuto il G8, dove la persona si esprime soltanto sulla legittima difesa di Placanica, dando la colpa al poliziotto o al manifestante. E poi c'Γ¨ il secondo caso, sono quelli che hanno vissuto il G8. In questo caso ricevo soltanto risposte molto corte e sbrigative, come se nessuno ne volesse parlare. Anche con persone a me vicine ho dovuto chiedere ripetutamente fino ad essere esasperante per ricevere una risposta piΓΉ o meno completa. Chi ha vissuto il G8 ne soffre quando ne sente parlare come se fosse ancora una ferita aperta, tutti c'erano ma nessuno ne vuole parlare. Si rinchiudono in se stessi sperando di non rivivere i momenti strazianti del G8. In molti casi devo girare il coltello nella piaga e la persona puΓ² reagire in due modi, o arrabbiandosi e di conseguenza non risponde piΓΉ, oppure sentire un vuoto malinconico proveniente da dentro che porta anche quello a non rispondere alle mie domande. Io non so come Γ¨ stato il G8 soltanto leggendo gli avvenimenti, sento una rabbia e un senso di ribrezzo salirmi da dentro, non oso immaginare le persone nel 2001 che cosa hanno provato. Ho scritto questo articolo sperando che chi lo legge e ha vissuto il G8 trovi la forza di parlarne, raccontare ai figli, agli alunni. I ragazzi del 2001 che oggi sono genitori, zii, persone a caso incontrate nei vicoli, a loro vorrei dire che questa storia, seppur triste, Γ¨ la storia di Genova e non dobbiamo dimenticarla. Bisogna ricordare e portare avanti la vita di Zena, e soprattutto sfamare di informazioni, emozioni e sensazioni chi ha fame di curiositΓ  e che non c'era durante il G8, come me. 


Morgan De Vincenzi

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