Mettersi alla prova confrontandosi con Montale. A cosa serve il tempo?
Una volta, Montale scrisse che nella vita non ci si dovrebbe preoccupare dei grandi problemi del proprio periodo storico, ma di un problema che da sempre tocca da vicino ogni persona: gestire il tempo che abbiamo a disposizione. Le grandi problematiche storiche, dai contrasti geopolitici alle guerre, sono temporanee, magari si portano dietro esiti disastrosi, ma anch'essi, tutto sommato, temporanei. Invece, con l'avanzare della tecnologia e la conseguente riduzione delle mansioni umane, l'uomo si troverΓ sempre di piΓΉ di fronte a tempi morti che non saprΓ come gestire fino a quando, secondo Montale, non inizierΓ a inventarsi lavori inutili per tentare di colmarli.
“Qualsiasi cosa facciano deve occupar la testa
Poi si svegliano dopo anni e fanno il conto di chi resta
[...]E allora poi dicono: 'Ti amo, ci sposiamo?'
Non sapere stare soli, non sai che brutta bestia”
(Dala - Una storia complicata)
Sta di fatto che il tempo Γ¨ vuoto per definizione. Esisteva prima di noi ed esisterΓ dopo e non Γ¨, quindi, un qualcosa a cui possiamo dare un senso o uno scopo universale. Di conseguenza non si puΓ² che essere d'accordo con la tesi secondo cui tutto ciΓ² che facciamo Γ¨ riducibile a un susseguirsi di attivitΓ futili che ci distraggano e riempiano il nostro tempo cosΓ¬ da allontanare il piΓΉ possibile il vuoto che ci si presenterebbe altrimenti. Tesi sia sostenuta da Montale sia ricorrente, ad esempio, in vari lavori di Dargen D'Amico, che la riassume perfettamente in questi versi di “L'universo non muore mai”:
“Provo a leggere tutte le leggi da una distanza di dieci anni luce
l'inutilitΓ dell'immunitΓ e di tutto il nulla che l'uomo produce”
Bisogna perΓ² chiarire il concetto di “inutilitΓ ”. PerchΓ© se tutto Γ¨ inutile, allora tanto vale non fare niente, sprofondare nella vuotezza e nella mancanza di obiettivi e vivere un vita grigia e piatta, o tanto vale non vivere proprio. Il nostro cervello Γ¨ fatto per aver bisogno di stimoli e giΓ che ci Γ¨ data la possibilitΓ di usufruire di una piccola porzione di tempo, tanto vale sfruttarla per cercare degli stimoli che ci soddisfino e ci facciano apprezzare la nostra breve permanenza. PerchΓ© Γ¨ in assenza di stimoli che subentra il vuoto, il male di vivere come l'ha descritto Montale o, come l'hanno definita altri, la noia. Intesa perΓ² con un'accezione piΓΉ profonda del semplice annoiarsi e piΓΉ come un qualcosa di esistenziale, che arriva all'improvviso appesantendo la vita, opprimendola. Si potrebbe portare l'esempio di "Tutto il resto Γ¨ noia" di Franco Califano che si concentra sui rapporti di coppia, sul loro nascere per sopperire al senso di vuoto per poi diventare monotoni e ripetitivi evidenziando essi stessi la vuotezza della vita. Ma un'interpretazione piΓΉ calzante e universale secondo me la dΓ Vasco in (appunto) "La noia":
“Quella noia che c'era nell'aria
Che c'era nell'aria allora
Γ ancora qui[...]
Non puoi certo piΓΉ scappare
Come hai fatto allora
Ora sai che vivere
Non Γ¨ vero che c'Γ¨ sempre da scoprire
E che l'infinito[...]
Finisce qui”
Vasco associa la noia alla disillusione portata dalla fine della giovinezza e alla conseguente perdita di quel senso di novità e scoperta che la caratterizzano. Per Vasco quindi la vuotezza della vita ci accompagna da sempre: da giovani la si inizia a percepire e si fanno grandi piani per poi vederli fallire e, prima o dopo, trovarsi faccia a faccia con la noia. Secondo Montale, l'unico modo per sfuggire al senso di impotenza di fronte all'immenso vuoto del tempo è conviverci. Magari la mia visione è proprio figlia di quel momento di sogni e speranze cantato da Vasco, ma per come la vedo io la chiave non è tanto la semplice quanto pessimistica consapevolezza/accettazione, quanto il prendere atto dell'irrilevanza del tutto e agire di conseguenza. Non si tratta quindi di ignorare la mancanza di senso della vita ma di concentrarsi su ciò che le conferisce un senso relativo, ovvero che riesce a renderla piacevole, sia sul breve sia soprattutto sul lungo periodo, tenendo sempre presente che, anche la cosa più nobile, resta comunque insignificante, così da dare il giusto peso a qualunque cosa ci capiti durante il percorso.
Montale vede nel lavoro una soluzione, seppur temporanea, al problema, sostenendo che se, grazie all'automazione, la settimana lavorativa si riducesse a tre giorni ci si ritroverebbe attanagliati dalla noia e dal vuoto. Questa convinzione deriva dal fatto che la maggioranza delle persone, per tutta una serie di norme sociali, confonde il concetto di “conferire un senso alla propria vita” con quello di “costruirsi una carriera”. Il risultato Γ¨ che per molti non lavorare si traduce in fronteggiare il vuoto, quando invece Γ¨ proprio il tempo che non si passa a guadagnarsi da vivere che dovrebbe servire a realizzarsi. C'Γ¨ un altro testo di Dargen, "Tra la noia e il valzer", che, attraverso la storia di un uomo che accetta serenamente la sua condizione di noia cronica, affronta anche questo tema:
“Io sono un disoccupato attivo anche se forse attivo non Γ¨ l'aggettivo adatto,
Intendo dire non mi sento uno straccio,
Voglio far nulla e grazie a dio nulla faccio.
Mio zio invece Γ¨ disoccupato passivo,
Se non lavora si dimentica di essere vivo,
Ed in questo periodo si Γ¨ iscritto in ogni bando
e per non fare niente fa un po' di contrabbando”
Quando Γ¨ la societΓ a imporre la “soluzione al vuoto”, che si tratti di lavoro, famiglia, religione o qualunque altra cosa, Γ¨ molto probabile che questa per il singolo individuo sia sbagliata o comunque incompleta.
Matteo Caramaschi
Matteo Caramaschi
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