La delicata questione delle basi NATO in Italia

Bombe nucleari, militari americani, basi Nato. Quanti di voi sanno che in Italia, nel nostro paese ci sono ben sette basi americane e altrettanti centri NATO? Le basi non appartengono allo Stato italiano, ma sono considerate come un exclave americano in territorio estero. 

Perché le basi Nato sono sul territorio italiano? Alla fine della Seconda guerra mondiale in Italia c'era una forte presenza americana perché il sud del nostro paese era stato liberato dall'occupazione nazi-fascista dalle forze alleate, mentre il nord ha vissuto il fenomeno della Resistenza. L'Italia, sia all'epoca sia al giorno d'oggi, è considerata un territorio strategico, in quanto si affaccia direttamente sul Mar Mediterraneo dividendolo in due. Data la sua posizione strategica, era di fondamentale importanza per gli States avere delle basi sul nostro territorio, perché l'Italia si trovava esattamente a metà tra i paesi del Patto Atlantico e quelli del Patto di Varsavia, e quindi serviva esercitare un controllo sul Mediterraneo stesso. Con l'inizio poi della Guerra Fredda, l'America, capitanata da Truman aveva deciso di implementare ed incrementare la basi contenenti testate nucleari in Italia.



Con la fine della Guerra Fredda nel 1991, l'America di George H.W. Bush , cominciò un radicale programma di disarmo nucleare, smilitarizzando molte basi americane sul suolo europeo, questo programma riguardava anche l'Italia. Bisogna pensare che comunque solo da noi, durante la Guerra Fredda, ce n'erano ben centotredici [vedi la mappa che segue], mentre oggi invece ce ne sono a malapena una decina.


Il programma iniziato da Bush Senior fu portato avanti anche dai suoi successori fino ad arrivare al vecchio presidente statunitense Trump, il quale riteneva che servisse una distensione con i paesi non-Nato, ciò nonostante alcune delle basi più importanti, come quelle di Sigonella a Siracusa o di Decimomannu a Cagliari, sono rimaste attive ed operative in quanto potevano tornare utili in vari teatri bellici come quello libico nel 2011 o in altri come quello afgano. Le basi americane e le basi NATO disseminate nel nostro Paese oggi hanno una duplice valenza: quello difensivo e quello offensivo. Da un punto di vista difensivo, le basi sono dei presidi di protezione e sicurezza per il nostro paese; far parte della NATO permette all'Italia di mantenere le spese militari più basse di quanto sarebbero se non potessimo contare sulla protezione americana e dell'Alleanza Atlantica; dal punto di vista offensivo, invece, le basi americane continuano ad avere una certa importanza per gli USA. Dal nostro territorio, infatti, possono essere avviate missioni in tutta Europa e nel bacino del Mediterraneo e dintorni, garantendo così una maggiore sicurezza nell'intera regione del Mediterraneo e dell'Europa meridionale.

Ma veniamo alla questione più importante: quante e quali sono le basi nato-usa in Italia? E' giusto specificare che ci sono sia installazioni che basi, vediamole:

Installazioni

  • Centro Ricerche Nato a La Spezia
  • Defense College a Roma
  • Comando Nato a Napoli
  • Base Navale a Taranto
Basi militari: 

  • Base di Aviano con presenza di testate nucleari
  • Base di Ghedi-Torre con presenza di testate nucleari
  • Base di Camp Ederle
  • Base di Camp Derby 
  • Base di Gaeta
  • Base di Napoli
  • Base di Napoli 
  • Base di Decimomannu 


Davanti a così tante basi americane e NATO, la domanda viene più che spontanea: che leggi valgono al loro interno? Chi decide, ad esempio, se utilizzare una bomba atomica? Nelle basi, di norma, valgono le leggi italiane? O tutto è subordinato al Patto Atlantico?
Facciamo un po' di chiarezza generale, per quanto riguarda l'uso delle armi atomiche presenti in Italia, bisogna ricordare che – essendo l'Italia nella NATO ed essendo la NATO un'alleanza difensiva – esse possono essere usate solo in caso di attacco. Se, ad esempio, la NATO dovesse decidere di usare la bomba atomica, custodita ad Aviano, per difendere la Polonia, non dovrebbe chiedere il permesso di farlo al governo italiano, ma al Consiglio dell'Alleanza Atlantica. Se questo dovesse dare parere favorevole allora nulla potrebbe impedire l'uso di quell'arma.

Ora facciamo anche un "piccola" parantesi sulla questione esercitazioni militari. Avendo origini sarde, quando sento parlare delle esercitazioni militari in Sardegna mi sento un po' toccato nel profondo e mi chiedo, ma perché avviene ciò? Ed egoisticamente mi chiedo, ma perché proprio la Sardegna
Cerchiamo di analizzare tutte queste domande.
Quando ci fu una delle più massicce esercitazioni NATO in Sardegna nella primavera del 2022 la stampa ne parlò così: "La Sardegna oggi più che mai colonia e baricentro militare dell’Italia e della Nato. Un bersaglio internazionalmente additato come teatro di guerra con le truppe belliche più invasive che hanno scelto l’isola per simulare gli scenari più nefasti, ed esercitarsi a contrastarli", l'Unione Sarda. "Le spiagge sarde come le coste del Mar d’Azov", il Fatto Quotidiano. "Non è strettamente necessario pensare al Mare di Azov per guardare con allarme a un’esercitazione Nato delle dimensioni di quella programmata in Sardegna, con truppe speciali anfibie ultra selezionate che sbarcano sulle coste supportate dai caccia e dal sostegno tattico di navi da guerra e di sottomarini. Con bombe e missili veri",  il Manifesto.
Insomma, cos'era successo in Sardegna? Per provare a capirci qualcosa è bene prenderla larga, e procedere per domande e risposte.

Cos'è una servitù militare?
È l'insieme dei divieti e delle limitazioni imposte su beni pubblici e privati sulle attività in vicinanza delle installazioni militari. Il termine fu introdotto in Italia ai tempi di Napoleone ed è sopravvissuto nell'ordinamento del Regno di Sardegna prima e dell'Italia unita poi. La legge che disciplina la regola è stata riformata a più riprese, nel 1901, poi nel 1932, nel 1976 e infine nel 2010.

Perché proprio in Sardegna quali sono le principali servitù?
Nel dopoguerra a essere interessate dalle servitù militari sono state soprattutto due regioni, per motivi opposti e simmetrici: il Friuli, perché al suo confine orientale passava la "Cortina di ferro", la linea di divisione tra la sfera di influenza americana e quella sovietica; e la Sardegna, perché lontana dai paesi dell'Est e quindi al riparo da eventuali attacchi. Proprio per questo motivo, la Sardegna è da decenni scelta per attività di addestramento ed esercitazione.
Quella probabilmente più famosa, non fosse altro per le numerose proteste ambientaliste che lo hanno interessato, è il Salto di Quirra, nella parte sud-orientale dell'isola. È un poligono interforze, dove agiscono la Marina,  l'Esercito e l'Aeronautica. A Capo Teulada, a Sud, poco a ovest di Cagliari, l'Esercito gestisce un "poligono permanente per esercitazioni terra-aria-mare". A Capo Frasca, nell'Ovest dell'isola, poco distante da Oristano, l'Aeronautica militare ha una "installazione militare per esercitazioni di tiro a fuoco aria-terra e mare-terra"

C'è da preoccuparsi per l'ambiente e la salute?
L'aspetto più concreto di tutta la vicenda è probabilmente questo. La Sardegna ha una lunga storia di contestazione degli insediamenti e delle esercitazioni militari nell'isola, la prossima manifestazione è già stata annunciata. A scendere in piazza con una certa frequenza sono sia gli indipendentisti, gli antimilitaristi e gli anarchici mossi da un'antica ostilità alla presenza delle forze armate dei "continentali” (come molti sardi definiscono chiunque viva da Civitavecchia agli Urali), sia gli ambientalisti preoccupati dalle conseguenze su ecosistema e salute derivanti dalle attività militari. Non ultimi i pescatori che temono per l'inquinamento dei loro territori di pesca. I comitati attivi sul territorio elencano nei loro opuscoli i diversi elementi chimici contenuti nei sistemi d'arma, che rischiano di essere diffusi nell'ambiente e definiscono picchi di mortalità per alcune patologie nelle zone circostanti i poligoni, così come casi di malformazione: quello che fece più scalpore, nel 2011, fu la nascita di un agnello a due teste nei pressi del poligono di Quirra. 
Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale l'Italia è diventata la sede di numerosi poligoni militari, ovvero aree di territorio e di mare dove le forze armate svolgono le esercitazioni con le armi da fuoco. L'Italia, come membro della Nato, si impegnò a dare agli americani una sede di addestramento e basi militari. Naturalmente, serviva un luogo adatto, che si trovasse in una posizione strategica: abbastanza distante dai paesi dell'Est – che facevano parte del blocco d'influenza sovietica durante la Guerra Fredda – e con ettari di terra quasi completamente disabitati. Fu scelta la Sardegna, nel cuore del Mediterraneo. 
Così nel 1956 è stato costruito a Salto di Quirra il poligono sperimentale e di addestramento interforze con vero munizionamento da guerra, il più vasto d’Europa , che si estende tra Cagliari e Nuoro. Precisamente è formato da due zone: il "poligono a terra" (di circa 12.000 ettari) – che va dai confini sud-orientali di Perdasdefogu ai margini della Baia di Capo San Lorenzo – e il "poligono a mare", che invece occupa una superficie di circa 2000 ettari lungo il tratto della costa.

Serbatoio di uranio impoverito, con evidenziata una perdita
Tumori, leucemie e patologie neurologiche stavano colpendo in modo insolito tutti coloro che vivevano e lavoravano nelle zone adiacenti. Venne rinominata la “Sindrome di Quirra” che oltre alle persone sembrò contagiare anche gli animali: nacquero agnelli deformi, persino con due teste. In Sardegna, in questi ultimi vent'anni si sono susseguite denunce, inchieste, archiviazioni, commissioni, perizie. Gli studi sui soldati, sui cittadini e sugli animali nati deformi dimostrerebbero come le nanoparticelle metalliche contenute nei loro tessuti potrebbero avere avuto origine, probabilmente, dalle esplosioni. Sospetto alimentato anche da presunte somiglianze con le patologie contratte dai militari di ritorno dalle guerre in Afghanistan o in Iraq.
Eppure, di fatto, oggi questo disastro ambientale e sanitario non ha nessun colpevole. Ben otto comandanti del Poligono, che erano stati accusati di "omissione dolosa aggravata di cautele contro infortuni e disastri per non aver interdetto le aree dove si svolgevano brillamenti e lanci di missili e dotato il personale delle necessarie protezioni", sono stati assolti nel 2021, perché non c'erano prove idonee circa la sussistenza dei fatti.
Esistono due facce della medaglia: alcuni personaggi sostengono che ci sia una chiara correlazione tra le attività militari e i problemi ambientali e soprattutto di salute, altri invece negano o minimizzano tale relazione. Il risultato? Le esercitazioni continuano: l’ultima a maggio 2023, la “Joint Stars”, l’esercitazione nazionale più importante della Difesa, che impiega più di 4mila uomini e donne e circa 900 tra mezzi aerei, terrestri e navali.
E il problema principale è che la maggior parte di queste esercitazioni, se non tutte, vengono svolte nella vicina spiaggia di Murtas, che d'inverno è chiusa al pubblico, proprio perché come avviene a Teulada, vengono effettuate prove di guerra, la cosa vergognosa è che, finito il periodo invernale, la spiaggia di Murtas, viene riaperta al pubblico come se niente fosse mai accaduto, quando potenzialmente si potrebbe morire di contaminazioni per via dell'uranio impoverito o semplicemente  morire calpestando una mina inesplosa nella battigia, insomma una vera e propria scemenza all'italiana.
Il prossimo 10 giugno il gup di Cagliari dovrà decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio di cinque alti generali, tutti ex capi di stato maggiore, indagati dalla Procura del capoluogo per disastro ambientale in relazione alle attività militari a Capo Teulada. Oltre ad alcuni cittadini e alle associazioni ambientaliste, anche la Regione ha chiesto di potersi costituire parte civile.




Ma il problema principale è un altro, Capo Teulada. A inizio 2019 è iniziata molto lentamente la smilitarizzazione della spiaggia di Capo Teulada dalle servitù militari, nonostante però mantenga sempre il ruolo di base cardine di tutta quanta l'Europa meridionale, a fine dello stesso anno è stata avanzata la richiesta di archiviazione per le indagini sul disastro ambientale nella base del Sulcis, situata nel Sud Ovest della Sardegna.
Tutto nacque da una ventina di esposti: alcuni abitanti ed ex militari di leva che denunciavano leucemie, linfomi di Hodgkin e altri tumori riconducibili alle attività al di là del filo spinato. i principali indagati sono stati i Capi di Stato maggiore che hanno guidato la base tra il 2009 e il 2014, citandone alcuni: Valotto, Graziano, Errico. A loro carico accuse di omicidio colposo e lesioni e di disastro ambientale.
Ma se per il magistrato è impossibile dimostrare «il nesso causale tra patologia e alcuni decessi», non si arrendono i malati e i parenti delle vittime che si oppongono all’istanza di archiviazione.
Nonostante la sabbia bianca, le calette diverse l’una dall'altra, racchiuse da cespugli di macchia mediterranea, il litorale di Teulada è apparso solo di recente nella geografia del turismo balneare. Perché qui, dal 1956, si spara in terra, mare e aria, ma la cosa più raccapricciante è che non si bonifica. Un territorio affidato all’esercito, a disposizione della Nato, in cui si davano appuntamento gli eserciti internazionali per maxi operazioni di addestramento come la Trident Juncture, sulla spiaggia sbarcavano i cingolati, in aria rombavano i caccia bombardieri. ma non solo: negli ultimi anni sono stati costruiti scenari reali in linea con i conflitti attuali, da qui in poi infatti ogni anno spuntavano come funghi varie tipologie di scenari bellici da quello mediorientale a quello balcanico, dalla fine della guerra di Jugoslavia, la base è poi diventata un centro europeo d’addestramento ad alta tecnologia, restando però, con un occhio attento e sempre vigile su eventuali conflitti in corso di sviluppo.



A Teulada le esercitazioni vanno avanti dalla sua nascita senza tutele, né per l’ambiente né per le persone. I ricordi di tutte quante le esercitazioni sono ancora ovunque: nella sabbia e in acqua. Al punto che d’estate non è difficile trovare code di missili a poca distanza dalla riva, proiettili, portelloni di carri armati. Succede a Cala Zafferano come in altre aree: interdette, ma di fatto raggiunte, via mare.

E poi c’è un’area ritenuta anche dai militari inaccessibile: una piccola penisola chiusa da Capo Teulada, conosciuta come Zona Delta; off limit perché utilizzata da sempre, come discarica abusiva. Lì, si sono concentrate le esercitazioni a fuoco, anno dopo anno. Basti pensare che in un periodo campione tra il 2008 e il 2016 ci sono state più di 860 mila esplosioni, secondo la ricostruzione della Procura di Cagliari. E nessuno ha mai ripulito nulla, così sono rimasti anche i materiali inesplosi. Il pericolo quindi non è solo ambientale.

Una domanda viene spontanea, avrebbe senso bonificare ora? Già nel 2016, nell’ambito della Commissione nazionale di inchiesta sull’uranio impoverito, era stato dichiarato impossibile perché antieconomico. Proprio per la Commissione quella penisola era «il simbolo della maledizione che per troppi decenni ha pesato sull’universo militare». L’allora presidente Scanu  diceva: «Mai più una gestione del territorio affidata in via esclusiva all’autorità militare, senza interlocuzioni con l’amministrazione dell’ambiente, la Regione e con le autonomie locali». Da allora c’è un percorso condiviso tra Regione e Ministero della Difesa andato avanti nonostante i cambi politici di governo nazionale e locale, eppure i risultati sono molto limitati. La Sardegna resta terra di esercitazioni e la penisola Delta è sacrificata per sempre: si trovano cadmio, piombo, rame, stagno in quantità pericolose. E ci sono pure moltissime sostanze radioattive, come per l'appunto l'uranio impoverito.


Come il fosforo bianco di proiettili utilizzati nel corso di alcune fasi di addestramento. Di seguito la testimonianza fatta nel 2017 davanti alla Commissione dell’ex caporalmaggiore Lentini, dipendente civile della Difesa: «Sparavamo sulla penisola interdetta del poligono militare di Capo Teulada munizioni con la sigla Nato-Wp; io stesso le ho infilate nelle bocche da fuoco del mio blindo Centauro». Munizioni chimiche vietate dalle convenzioni internazionali, che hanno «avuto effetti devastanti quando sono state usate dagli americani sulla popolazione di Falluja, in Iraq». Era il 2005: ustioni multiple e interne nei corpi delle vittime. Sui terreni e sui corpi (ora malati) di chi le ha testate non è dato sapere. O meglio: non è ancora il momento del «nesso causale».
E' recente la notizia che con l'inizio dell'Esercitazione Mare Sicuro, la Sardegna con la Base di Teulada torneranno sul palcoscenico europeo, dove per l'appunto si svolgeranno le famigerate esercitazioni interforze coadiuvate dalle truppe NATO, presenti sull'isola.
Vi lascio qui il link a un video dello youtuber Alessandro Morolla, il quale ha partecipato ad una esercitazione delle truppe italiane, proprio nella Base di Capo Teulada.

Niccolò Cianciotto

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