Sembra di essere nel '24

   

  Presente!la parola ripetuta tre volte dai manifestanti allo scandire dei nomi dei ragazzi che facevano parte del Fronte della GioventΓΉ - Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni - uccisi il 7 gennaio del 1978 davanti alla sede del Movimento Sociale Italiano (MSI) in una vicenda oscura sulla quale la giustizia non ha mai fatto chiarezza. 
    Pochi giorni fa, la manifestazione della destra neofascista che ricorda i 3 ragazzi morti si Γ¨ svolta indisturbata, annunciata da un manifesto nero con il titolo ‘presente, presente, presente’ e in alto una croce celtica bianca.


    A un secolo di distanza dal fascismo, con un articolo della Costituzione che vieta la fondazione di partiti fascisti, ma vieta anche qualsiasi gesto che ricordi quel passato regime totalitario, la manifestazione avviene senza destare l'attenzione delle forze dell'ordine. Solo le opposizioni politiche si indignano e chiedono un’interrogazione parlamentare per stabilire chi nella catena di comando del Ministero dell'Interno non ha eseguito bene il suo lavoro. Qualcuno attende qualche parola della premier Giorgia Meloni, che perΓ² non arriva. A prendere le distanze dalla manifestazione fascista Γ¨ Fabio Rampelli, di Fratelli d'Italia: “Sono persone di varia provenienza, cani sciolti. Non hanno niente a vedere con Fratelli d’Italia”. Spiega poi, come per giustificare il suo partito, che anche con governi di centrosinistra questa commemorazione Γ¨ sempre sfociata in saluti romani e slogan fascisti. 
    Se il primo punto, quello dei cani sciolti, merita un approfondimento piΓΉ strutturato, Γ¨ piΓΉ semplice rispondere alla seconda parte del suo discorso: Γ¨ vero, anche con altri governi abbiamo assistito a queste orrende manifestazioni nostalgiche, cosΓ¬ come alle ricorrenze della Marcia su Roma e alle adunate a Predappio per commemorare Mussolini. Quel che perΓ² Rampelli omette, l’aspetto piΓΉ grave della questione, Γ¨ che il suo Γ¨ un partito di stampo chiaramente neofascista.

Fabio Rampelli
E per comprenderlo in pieno occorre studiare la vicenda di un libero cittadino sessantenne, un giornalista che si occupa di ippica, Marco Vizzardelli, che si reca alla Prima della Scala per assistere al Don Carlo di Giuseppe Verdi. Come da tradizione parte l’inno nazionale, al termine si ode: “Viva l’Italia antifascista!”. Sul palco reale Γ¨ presente Ignazio La Russa, Presidente del Senato, seconda carica dello Stato: ha il viso visibilmente contratto. La frase pronunciata Γ¨ in teoria la colonna portante della nostra Costituzione, eppure avviene qualcosa di inspiegabile: Vizzardelli, colui che l’ha pronunciata, viene avvicinato da alcuni agenti della Digos. Quel che riesce a comunicare agli agenti Γ¨: Non ho commesso un reato perchΓ© ho detto Viva l’Italia antifascista, l’avrei commesso avessi detto Viva l’Italia fascista”.  E infatti un articolo della Costituzione vieta non solo di fondare un partito fascista, ma anche riproporre gesti riconducibili a quell'ideologia. Il Vizzardelli dunque avrebbe ragione, ci si chiede la sua identificazione da parte della Digos a che cosa sia dovuta.

Simone Gratteri

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