Odio in rete: facciamo il punto

Odio in rete?! Non Γ¨ la prima volta che sento parlare di questo fenomeno. L'odio prima significava discriminare una persona fisica: per il peso, per l'aspetto o per, come spesso accade ancora oggi, il colore della pelle,”odiarla” anche per i suoi comportamenti. E invece no: negli ultimi anni molta di questa rabbia contro le persone o meglio ancora odio, forse il suo vero nome, si Γ¨ diffusa in un piccolo, cosΓ¬ sembra, mondo virtuale dove un po' tutti prima o poi si perdono e forse non sanno o non capiscono che quel mondo Γ¨ in realtΓ  piΓΉ grande di quanto noi immaginiamo. Sono i social network.
I social, così abbreviati, sono delle applicazioni con un altissima percentuale di iscritti su tutta la popolazione mondiale. Queste sono meglio conosciute con i loro nomi commerciali: Whatsapp, Facebook, Instagram... ecc... ecc. Il problema dell'odio in rete, come può essere sia cyberbullismo, sia cyberstalking, sia diffamazioni, è ormai diffuso a macchia d'olio e in molti casi a provocare tutto ciò sono solo dei commenti o dei messaggi sotto a dei post di poco gradimento altrui. Questi contengono, il più delle volte, termini a dir poco scurrili; magari per qualche torto o gesto di disprezzo subito sulla piattaforma social.
I Social Network sono diventati, nel caso cadano in mani sbagliate, delle vere e proprie armi dalle quali vengono sferrati colpi fin troppo duri fino ad essere in alcuni casi fatali. I Social da ormai molti anni sono diventati una vera e propria istigazione all'odio in quanto non si puΓ² mai sapere chi c'Γ¨ veramente dietro la tastiera, sono i cosiddetti “profili fake” che ormai sono piuttosto complicati da raggirare in quanto si usano nomi, il piΓΉ delle volte, verosimilmente reali e foto di persone autenticamente reali, spesso rubati da profili di persone reali anche da un punto di vista virtuale.
L'odio in rete ed in particolar modo proprio sui social Γ¨, in parte, scatenato anche dai cosiddetti hater. In un indagine del “Corriere della Sera” emerge che oggi un giovane su dieci non considera grave l'uso del Web con termini scurrili e violenti, sempre la stessa indagine rivela che le categorie piΓΉ soggette a questo fenomeno sono gli immigrati, gli omosessuali, i musulmani... ecc... ecc.
Tutto questo mi porta a pensare ad un episodio particolare, finito in tragedia per l'umiliazione: siamo a Napoli, Aprile 2015, Tiziana Cantone all'epoca dei fatti era una giovane ragazza di ventinove anni con una vita tutta davanti a sΓ©; Tiziana si Γ¨ tolta la vita il 13 Settembre 2016 a causa di alcuni suoi filamati personali e decisivamente intimi divulgati in Rete. O come la storia di Carolina Picchio, gettatasi il 5 Gennaio 2013 dal terzo piano della sua casa di Pescara, lasciando quest'ultimo messaggio: “Le parole fanno piΓΉ male delle botte. ciΓ² che Γ¨ accaduto a me non deve piΓΉ accadere a nessuno”.
Oggi, in molte scuole d'Italia sono state intraprese delle campagne fondate sulla prevenzione e sulla sensibilizzazione contro il bullismo sul Web. Io mi chiedo se veramente tutto questo, a volte, possa veramente servire nonostante i casi non siano stati abbattuti e molti ragazzi, giovanissimi in particolare, sia vittime che bulli non si chiudessero in se stessi. Io nonostante tutti gli accaduti e anche quelli che poi verranno, continuo a farmi sempre la stessa domanda: PerchΓ©?

Gabriele Broegg


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